Solo 1 azienda su 4 pensa ad implementare l’IA nel suo piano di sviluppo
I software e le soluzioni basate sull’intelligenza artificiale sono ancora in una fase di iniziale e di trasformazione costante.
Sicuramente i vantaggi nel poter integrare l’IA all’interno di diverse attività lavorative in azienda sono diversi, ma i costi e le competenze necessarie restano un ostalo.
A confermarlo un recente studio condotto da Minsait in collaborazione con l’Università Luiss Guido Carli di Roma che ha evidenziato che solo un quarto delle aziende italiane ha definito attualmente un piano di sviluppo per integrare l’intelligenza artificiale nel proprio modello di business.
Competenze e Infrastrutture: le barriere più complesse da superare
La ricerca ha individuato come ci siano due barriere principali nell’adozione dell’IA nel proprio assetto aziendale, ossia: la mancanza di competenze specialistiche e le limitazioni infrastrutturali.
Molti leader e responsabili aziendali riconoscono il potenziale rivoluzionario dell’AI, dalle capacità di analisi predittiva fino al miglioramento della gestione delle risorse e dei servizi, tuttavia, la trasformazione da un modello aziendale tradizionale a uno supportato dall’intelligenza artificiale si sta dimostrando al quanto complesso.
Roberto Carrozzo, head of intelligence and data di Minsait Italia, sottolinea che la maggior parte delle oltre 500 aziende intervistate non possiede ancora i piani o le competenze necessarie per integrare efficacemente l’IA nei loro processi. Ciò è aggravato da una carenza di personale qualificato in soft engineering e analisi dei dati, essenziale per riuscire a sfruttare e capitalizzare al meglio le complessità dei software e sistemi basati sull’intelligenza artificiale.
Le sfide dell’IT per le aziende italiane
Un altro ostacolo significativo riguarda l’infrastruttura tecnologica. Le aziende italiane mostrano una certa riluttanza e difficoltà ad affidarsi a servizi informatici esterni, come il cloud computing, che nonostante offrano scalabilità e efficienza, sollevano preoccupazioni in termini di sicurezza e costi. La preferenza per soluzioni proprietarie richiede investimenti maggiori e tempi più lunghi per la realizzazione, fattori che possono ritardare l’adozione dell’AI e limitare la competitività sul mercato globale.
Incertezze normative ed etiche
Il rapporto tra l’adozione dell’AI e la regolamentazione è complesso, specialmente in Italia, dove il quadro legislativo sull’AI è ancora in fase di definizione. Irene Finocchi, direttrice del corso di studi in Management and Artificial Intelligence alla Luiss, evidenzia come l’incertezza normativa ostacoli il pieno sfruttamento delle potenzialità dell’IA, con le aziende che sono incerte su cosa sia legalmente permesso. Questo ritardo normativo si contrappone agli approcci più audaci adottati da altre nazioni, come gli Stati Uniti e la Cina, dove l’intelligenza artificiale al momento sembrerebbe integrabile più facilmente e con meno restrizioni.
La necessità di competenze multidisciplinari
Un punto cruciale emerso dalla ricerca è la necessità di competenze che vanno oltre l’ambito tecnico. Finocchi sottolinea l’importanza di formare professionisti che possano collegare l’AI al contesto specifico del settore in cui operano. Per esempio, un data scientist nel settore bancario dovrebbe essere in grado di applicare le sue competenze analitiche alle peculiarità economiche e finanziarie del settore.
Un approccio multidisciplinare, dunque, è fondamentale per formare la prossima generazione di leader aziendali pronti ad affrontare le sfide e a capitalizzare le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale.
L’Italia sta facendo dei primi passi significativi verso l’integrazione dell’AI nelle sue pratiche aziendali, ma è chiaro che il percorso sarà complesso e richiederà un impegno concertato in termini di sviluppo delle competenze, miglioramento delle infrastrutture e chiarimenti normativi.