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111 mila negozi al dettaglio hanno chiuso nei centri cittadini italiani. Cosa sta succedendo?

111 mila negozi al dettaglio hanno chiuso nei centri cittadini italiani. Cosa sta succedendo?
  • PublishedFebbraio 12, 2024

Negli ultimi undici anni, le città italiane hanno assistito a un drammatico calo del tessuto commerciale, con oltre 111 mila negozi al dettaglio che hanno chiuso i battenti, di cui 31mila soltanto durante l’ultima crisi economica.

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A questa preoccupante tendenza si aggiunge la cessazione di 24mila attività di commercio ambulante, contribuendo a un fenomeno sempre più allarmante: la desertificazione dei centri urbani. Questo processo non solo riduce i servizi disponibili per i cittadini ma minaccia anche la vivibilità e l’attrattiva delle nostre città.

Ecco cosa rivela l’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio e Centro Studi Guglielmo Tagliacarne

Un’analisi condotta dall’Ufficio Studi di Confcommercio, in collaborazione con il Centro Studi Guglielmo Tagliacarne, rivela che la densità commerciale nei 120 comuni più grandi d’Italia è calata del 15,3%, passando da 12,9 a 10,9 negozi per mille abitanti negli ultimi dieci anni.

Questa contrazione ha interessato diversi settori, con chiusure significative tra i distributori di carburante, librerie, negozi di giocattoli, ferramenta, arredamento, abbigliamento e calzature.

Al contrario, farmacie, parafarmacie, negozi di telefonia, computer, la ristorazione e l’ospitalità, quest’ultima spinta dal successo dei B&B e degli affitti brevi, hanno mostrato una tendenza positiva.

Il settore della ristorazione e degli alloggi turistici: un settore in ascesa

Nonostante il panorama desolante, emergono segnali di resilienza e adattamento. Il settore dell’alloggio e della ristorazione ha visto un incremento di 9.800 attività, testimoniando una trasformazione imprenditoriale che si adatta ai nuovi bisogni della clientela.

Inoltre, la presenza di imprese straniere nel commercio, alloggio e ristorazione è aumentata del 30%, a fronte di un calo dell’8,4% delle attività italiane. Questo cambio di guardia riflette anche sul fronte occupazionale, con oltre la metà degli addetti in questi settori provenienti da altre nazioni.

Il problema è il commercio online?

L’e-commerce, spesso indicato come il principale colpevole della crisi del commercio fisico, rappresenta comunque una via per l’innovazione e l’espansione del commercio tradizionale. La chiave sta nell’omnicanalità, ovvero nell’integrare l’offerta fisica con quella digitale, per creare un’esperienza di acquisto più ricca e accessibile.

Di fronte a questo scenario, Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, sottolinea l’importanza di intervenire con progetti di riqualificazione urbana che puntino a rivitalizzare i centri storici, mantenendo servizi, vivibilità, sicurezza e attrattività.

L’impegno di Confcommercio, attraverso il progetto Cities e la collaborazione con l’Anci, mira a promuovere uno sviluppo urbano sostenibile e a valorizzare il ruolo sociale ed economico delle attività di prossimità nelle città.

La sfida è complessa ma non insormontabile. Re-immaginare e reinventare il commercio nei centri urbani richiederà una visione che integri l’innovazione, la sostenibilità e l’inclusività, per garantire che le città italiane restino luoghi vivaci e attrattivi, capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini e di stimolare l’economia locale in un mondo sempre più digitalizzato.

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